mercoledì 27 marzo 2013

Identità

L'altro giorno, in previsione di un viaggio all'estero che dovremo fare prossimamente, il bimbo è passato all'anagrafe del paese per certificare la sua identità.
Che per te sembra una cosa matta, perché ai tuoi tempi la carta d'identità si faceva ai quattordici anni, quando prendevi il motorino. Prima ma che te ne facevi?

Statura 100, capelli biondi, occhi azzurri, segni particolari: figo da paura!

La prima carta d'identità ufficiale del bimbo (ce n'è stata anche una unofficial: quella dell'asilo) è un oggetto semplicemente bellissimo e carico di poetici punti di vista.
Fa strano vedere affiancate due cose così diverse tra di loro: la semplicità e la vitalità di un bimbo di quattro anni e la serietà al limite della cupezza della burocrazia.

Ad esempio, ma che professione è infante? Forse hanno sbagliato riga. Infante è probabilmente più uno stato civile che una professione.
... o forse no! Essere piccoli è un lavoro. Un lavoraccio crescere, imparare, obbedire, giocare, scoprire, correre, eccetera ecceterone.
Un lavoro di quelli che non conoscono crisi, in cui non esiste cassa integrazione e in cui l'articolo 18 non ha senso neanche nominarlo. Per questo e per altri motivi è il lavoro più bello del mondo.
Il problema è che è uno di quei lavori in cui non è previsto il contratto a tempo indeterminato. Anzi, è chiaramente un contratto a progetto.
Realizzato il progetto di crescita dovrai poi tornare all'anagrafe per aggiornare la carta d'identità.

Nel frattempo lavora bimbo, lavora.
Che essere bambini non è mica uno scherzo!

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